L’arte di Napoli: Musei, murales e street art
Il pittore inglese Arthur John Strutt volle confutare il proverbio “vedi Napoli e poi muori!” ribaltando del tutto tale concetto affermando piuttosto che dopo aver visto Napoli si dovesse per forza vivere, proprio perché c’era molto in questa città degno di essere vissuto. Benché il detto, sia esso generato da una strega, ribadito da Goethe o legato indissolubilmente alla cantante Mignonette, renda orgogliosi i napoletani, nelle parole di Strutt c’é lo stesso del vero. L’arte di Napoli lo dimostra appieno.
Dopo aver visitato Napoli con noi di Kappuccio attraverso il nostro articolo Cultura e divertimento a Napoli: Un viaggio nell’Italia del Sud. Adesso approfondiamone un diverso aspetto altrettanto interessante, tra musei, murales e street art in genere.
L’arte a Napoli

La vena artistica di Napoli, specie nella pittura, ha una solida tradizione, pur non partendo da una vera e propria scuola conclamata. La città tuttavia è stata per secoli centro di un certo fermento che ha coinvolto tutta l’area meridionale dell’Italia.
La natura cosmopolita di Napoli poi ha fatto sì che essa fosse attraversata da correnti di diverso tipo. E l’approdo di Caravaggio, nel XVII secolo, ha contribuito alla nascita e, di lì a venire, alla presa di consapevolezza di una pittura napoletana maggiormente radicalizzata.
Vanno ricordati almeno gli artisti caravaggisti come Carlo Sellitto, Battistello Caracciolo e Jusepe de Ribera detto “lo Spagnoletto”, napoletano d’adozione. Luca Giordano, formatosi alla sua scuola, e considerato il più importante pittore napoletano di sempre. E la scuola di Posillipo dell’800, che radunava artisti paesaggisti napoletani d’avanguardia.
Street art e murales attraverso i quartieri

Vivere l’esperienza della street art partenopea espressa nei suoi murales è allo stesso modo un affare complesso e affascinante. Il nostro primo aggettivo si riferisce al fatto che localizzare tutte le varie opere sparse per la città non è mai così semplice. Occorrerebbe una guida più che altro spinta dall’istinto e un feroce desiderio di immergersi in un tipo di arte sempre complessa da catalogare.

Tratteggiata nelle facciate dei palazzi, abbozzata nelle serrande dei negozi, sotterrata nelle stazioni della metropolitana. Fusa in un percorso a tratti invisibile per l’amalgama che di sé ha saputo fare con l’agglomerato urbano. L’arte, quando desidera mostrarsi, lo fa senza pensare troppo alla comodità. E i soggetti che la rappresentano, siano essi sacri o profani, lasciano sempre, in chi li ammira, quel velo di stupore che spinge ancora ed ancora verso una vorticosa ricerca. Che altro poi non è che scoprire Napoli, così come appare.
Dai quartieri Spagnoli al Rione Sanità. Da Piazza dei Girolamini, dove si trova l’unica opera riconosciuta, in Italia, del celeberrimo Bansky: una Madonna con una pistola posta dentro la sua aureola. Agli angoli di tutto il centro storico e agli edifici che hanno cambiato destinazione d’uso. Come l’ex Ospedale psichiatrico giudiziario a Materdei dove si può ammirare la mano di un altro artista molto noto, BLU.
Dalle strade tappezzate con la tecnica del francese Zilda (che disegna su carta i suoi soggetti e ne incolla i poster dove intende raffigurarli). Ai grandi protagonisti della napoletanità. Tra cui Maradona e Massimo Troisi. Quest’ultimo realizzato per mano di Jorit e posto su una facciata del palazzetto dello sport di San Giorgio a Cremano.

Ciro Cerullo, in arte Jorit, è uno street artist napoletano che ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti e che ha esposto anche al MANN. La firma più controversa l’ha apposta sul suo San Gennaro dallo sguardo fiero e dai lineamenti moderni, ricalcato, come spesso accade nelle opere dell’artista, da immagini di persone in carne e ossa a lui conosciute.
Un’altra opera molto fotografata è quella di Leticia Mandragora, italo-spagnola, che ritrae Eleonora Pimentel Fonseca, nobildonna portoghese eroina della rivoluzione napoletana del 1799; il murale si trova di fronte all’ex mercatino di Sant’Anna di Palazzo.
La Metropolitana e l’arte di Napoli

Anche nella stazione Vanvitelli, della metropolitana di Napoli, e ciò si evince dalla foto qui sopra, sono presenti installazioni artistiche e opere di vario genere. Come i mosaici di Isabella Ducrot, artista napoletana, realizzati nel 2005. In realtà questo scalo, facente parte della linea 1, è inserito nel circuito delle stazioni dell’arte. 15 fermate nate con l’intento di combinare la fruizione del trasporto pubblico, con l’esposizione all’arte contemporanea.
Quando città e arte si colorano di azzurro

Alcuni dei più iconici murales appartenenti all’arte di Napoli, non possono che essere dedicati alla sua squadra di calcio. Vera e propria emanazione di un sentire profondo a metà tra laicità e divinazione. Perché se è vero che in generale gli italiani amano il calcio (Perché agli italiani piace il calcio così tanto?), per i napoletani questo sport rappresenta qualcosa di decisamente più grande. È senso di orgoglio e appartenenza.
La rivalsa sociale all’interno di un’atavica lotta per prevalere con il nord delle più ricche società calcistiche (per inciso Juventus, Milan, Inter). Quando accade dunque di prevalere e vincere, la memoria deve rimanere a ricordo perenne di tale impresa. Che nei desideri di tutti i tifosi sarebbe la regola, non un’eccezione. Ma che le regole severe, quelle del calcio, in qualità di business spesso disattendono.
L’ultima annata (2023) ha visto la vittoria del terzo tricolore per gli azzurri. E di azzurro si è colorata l’intera città, come era già accaduto più di 30 anni prima. Quando l’alfiere era stato un certo Diego Armando Maradona, uno o il più grande funanboliere di tutti i tempi e di tutti i prati verdi. La cui immagine è rimasta impressa e viene venerata ancora oggi tra le strade del centro storico. In occasione del restauro del murale celebrativo del titolo del 1990, è stato persino ritrovato il brillante che simboleggiava l’orecchino indossato per consuetudine dal Pibe de Oro. Quindi posto nuovamente al centro dell’opera.
I musei di Napoli

Per capire la portata dei musei napoletani, nulla è più indicativo dei numeri. Un elenco di tutto ciò che è visibile in città nell’ambito dell’arte a 360° può dare l’opportunità di conoscere ogni risvolto più interessante, nonché rendere manifesta anche la fruibilità più nascosta.

Oltre al museo di Capodimonte e al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), che sono già stati nostri protagonisti nell’articolo citato in precedenza, vanno almeno annotati tra gli altri:
- Il Museo nazionale: situato sul Vomero è un percorso museale a più sezioni che testimoniano la vita di Napoli e dei Regni meridionali attraverso opere di vario genere, affreschi, modelli navali, carrozze, presepi, oggetti e ricordi di imprescindibile valore storico/politico.
- Le Gallerie d’Intesa San Paolo, Palazzo del Banco di Napoli: contenenti dipinti e sculture del ‘600, ‘700 ed ‘800 tra cui l’ultimo dipinto di Caravaggio.
- Il Museo del Tesoro di San Gennaro
- Il Museo nazionale della ceramica Duca di Martina
- La Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia
- Il Museo civico di Castel Nuovo: ubicato nel famoso Maschio Angioino, castello medievale e rinascimentale, simbolo cittadino.
- La Cappella Sansevero: una chiesa sconsacrata che ospita capolavori scultorei ed opere anche singolari, un tempio massonico dal forte valore simbolico.
- Il Museo Diocesano
- Il Museo del conservatorio di San Pietro a Majella: una delle biblioteche musicali più importanti al mondo.
L’arte di Napoli: i Madonnari

Oggi gli artisti di strada, che praticano la loro arte tra difficoltà e diffidenza, sono comunque un fenomeno riconosciuto. Poiché in tendenza con il bisogno di espressione, figlio della società moderna in cui viviamo. L’arte di Napoli più osteggiata nel tempo è stata quella dei Madonnari.
Probabilmente è per questo che si è sentita la necessità di tutelarla. E tramandarla secondo la tradizione che, partendo dal basso, cioè da quel suolo che fa da tela e sfondo alle loro opere, solo con tenacia ha saputo mantenersi. Pur rischiando più volte la scomparsa. Perché il madonnaro lavora contro le intemperie. Non ha una vera e propria sede a proteggere le sue creazioni. Che possiedono una natura effimera, molto più effimera anche dei murales. E spesso ha agito pure contro le leggi che consideravano quelle iconografie tratteggiate sul selciato alla stregua di un banale imbrattamento.
Almeno fino al 2014 quando una delibera comunale ha invece legittimato tutti gli artisti di strada, compresi i madonnari. Nel 2006 era invece stata costituita, grazie a Gennaro Troia, la scuola napoletana dei Madonnari.
L’arte di Napoli ci ha lasciato stupiti. Se altrettanto è accaduto a voi non dimenticate di buttare uno sguardo a ciò che ci riserverà il futuro.
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