Tina Modotti a Bologna: molto più di una fotografa
Sempre più numerose sono le mostre di fotografe internazionali e questa è la volta di Tina Modotti. Artista italiana dalla biografia e fama mondiale che Bologna celebra nella splendida cornice di Palazzo Pallavicini. Definirla fotografa sarebbe riduttivo. Se non la conoscete, la sua avvincente vita, all’insegna della passione e dall’attivismo politico, vale la pena di essere approfondita.
A fare da riflesso alla varietà della sua biografia c’è la ricchezza della sua produzione fotografica. La Modotti ha infatti esplorato tanti linguaggi: il ritratto, la natura morta, la documentazione, l’etnografia e la denuncia sociale. Tina Modotti ha vissuto tante vite. Ha sperimentato il cinema, è stata coinvolta in intrighi politici internazionali e ha vissuto amicizie e amori con i grandi dell’arte e della politica.
Mettetevi comodi, vi presentiamo Tina Modotti!
Tina Modotti: fotografa, attrice e attivista
Indipendente, libera, moderna, Tina Modotti coniugò l’amore per l’arte e per la verità al proprio ardore politico. Sviluppò un linguaggio fotografico dal tono intimistico. Capace di indagare le contraddizioni della realtà per penetrarne il senso più profondo. La totalità degli scatti esposti in mostra svela, fin da principio, un nuovo modo di osservare la realtà: in maniera ravvicinata, sincera, ma al tempo stesso poetica e sublime.
La mostra di Tina Modotti a Bologna evidenzia il suo ruolo di pioniera nella fotografia. A emergere con forza dal percorso di visita è la grande capacità dell’artista di coniugare una profonda empatia con i soggetti raffigurati e con le cause sociali a cui si appassionava, con una cura quasi maniacale per i dettagli della propria produzione.
Le origini umili e la scoperta della fotografia
Tina Modotti nacque ad Udine da una modesta famiglia operaia aderente al socialismo tipico di fine Ottocento. Aveva solo due anni quando la sua famiglia, per ragioni di natura economica, si trovò costretta a emigrare in Austria. Lì nacquero gli altri cinque suoi fratelli e sorelle. Nel 1905 ritornarono a Udine, dove Tina frequentò con profitto le prime classi della scuola elementare.
Cominciò a lavorare come operaia a dodici anni presso una fabbrica tessile nella periferia della città, per poter contribuire al mantenimento della numerosa famiglia. Nel contempo iniziò a frequentare lo studio fotografico di Pietro Modotti, zio paterno, dove apprese le sue prime nozioni di fotografia.
Gli anni americani: l’incontro con il cinema e con Edward Weston
Nel giugno del 1913 lasciò l’impiego in fabbrica. Salpò da Genova per raggiungere il padre e la sorella Mercedes a San Francisco dove, in breve tempo, trovò lavoro presso una fabbrica tessile. In quel periodo si avvicinò anche alla recitazione. Figurò infatti in rappresentazioni amatoriali di D’Annunzio, Goldoni e Pirandello. Serate rivolte essenzialmente al pubblico di immigrati italiani del luogo. Eventi di beneficenza per la raccolta di fondi da inviare all’Italia in guerra.
Nel gennaio 1920 partirono per gli Stati Uniti anche la madre con i piccoli Benvenuto e Giuseppe. Fu anche l’anno di esordio cinematografico di Tina, con il film The Tiger’s Coat. Il primo dei tre film hollywoodiani da lei interpretati e anche l’unico giunto fino a noi. Una delle stanze di Palazzo Pallavicini in cui è allestita la mostra di Tina Modotti a Bologna riproduce in loop il film. Per il quale ricevette l’acclamazione del pubblico e della critica, anche in virtù del suo “fascino esotico”.
Grazie al marito, conobbe il fotografo Edward Weston e la sua assistente Margrethe Mather. Nel giro di un anno, la Modotti divenne la sua modella preferita e, nell’ottobre del 1921, anche sua amante. Quello stesso anno, il marito Robo le comunicò la sua intenzione di trasferirsi in Messico alla fine dell’anno. Il Messico post-rivoluzionario appariva una destinazione di grande fascino, innovativa dal punto di vista culturale e sociale.
Dopo alcuni mesi, Tina cercò di raggiungerlo assieme a Weston, su invito dello stesso Robo, ma arrivò a Città del Messico troppo tardi, in quanto egli era morto da ormai due giorni, a causa di un fortissimo attacco febbrile probabile conseguenza del vaiolo. Anche suo padre Giuseppe venne a mancare dopo poche settimane e, prima della fine dell’anno, la Modotti pubblicò a Los Angeles The book of Robo, un libro da lei curato in onore del marito.
Verso la fama internazionale
Assieme a Weston e a uno dei quattro figli dell’uomo, Tina Modotti ripartì per Città del Messico il 30 luglio 1923. Dapprima come assistente in camera oscura, poi come contabile e infine come vera e propria fotografa, strinse amicizia con artisti e intellettuali, entrando rapidamente in contatto con i circoli bohémien della capitale messicana. Questi nuovi legami furono anche utili per creare ed espandere il mercato dei ritratti nel loro studio fotografico. Dopo meno di un anno, alla Feria Nacional del Libro y Exposición de Artes Graficas, Weston e la Modotti si aggiudicarono rispettivamente il primo e secondo premio nel settore fotografia.
Il primo viaggio nel Messico primitivo
Assieme a Weston, Tina Modotti nel 1925 ricevette l’incarico di viaggiare per i luoghi meno conosciuti del Messico e scattare fotografie che vennero poi pubblicate in Idols Behind Altars. The Story of the Mexican Spirit, di Anita Brenner. La Modotti doveva entrare nei luoghi religiosi e interagire con la gente del luogo. Nel libro, uscito nel 1929, furono selezionate 70 immagini su più di un centinaio che documentavano usanze, feste popolari, processioni.
In questa, e nelle successive occasioni, i suoi scatti dedicati alle donne rivestono un ruolo di importante testimonianza etnografica: costumi, oggetti e attività sono documentati con grande attenzione, sottolineandone l’importanza e la dignità in una società matriarcale anche nelle immagini più tenere riguardanti la maternità e l’allattamento.
Tina Modotti, i muralisti messicani e il Partito Comunista
In quegli anni diventa “fotografa ufficiale” del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Tina Modotti compare anche in alcuni murales di quest’ultimo, nella cappella dell’Università Autonoma del Messico. Nell’opera incarna la vergine Terra (nudo disteso) e Vita e terra (in piedi) e, sempre per mano di Rivera, venne dipinta nell’atto di distribuire cartucce ai lavoratori nel patio della Secretaría de Educación Publica.
In questo ambito ebbe anche modo di conoscere diversi esponenti del movimento comunista. Tra loro Xavier Guerrero, funzionario del Partito Comunista Messicano con cui ebbe una relazione sentimentale dopo che Weston ripartì per gli Stati Uniti e Vittorio Vidali. Quest’ultimo era esule italiano attivo in quel periodo presso varie organizzazioni comuniste del mondo per conto del Comintern e la convinse ad iscriversi al PCM.
Fu amica intima della pittrice Frida Kahlo e nel 1940, il terrazzo di casa di Tina ospitò la festa di nozze tra la stessa Frida e Diego Rivera. Il 1927 segna l’inizio della fase più intensa del suo attivismo politico, così come della sua attività fotografica. Il suo impegno la portò a partecipare a comitati a favore di Sacco e Vanzetti e a favore delle classi sociali messicane più svantaggiate, le sue foto a sfondo sociale andarono a corredare numerose riviste dell’epoca.
L’uccisione del compagno e la gogna pubblica
Nel 1928 la sua relazione con Xavier Guerrero terminò con la partenza del suo compagno per un soggiorno di tre anni in Unione Sovietica. Il 10 gennaio del 1929 Julio Antonio Mella, suo compagno da pochi mesi, mentre passeggiava con lei morì assassinato per mano di un suo oppositore politico. La donna fu subito accusata dalle autorità di essere complice nell’omicidio. Nella perquisizione della sua casa, la polizia trovò alcune foto scattate da Weston che la ritraevano nuda e ne seguì una campagna scandalistica che la ritraeva come donna di facili costumi.
Per questa ragione rifiutò l’incarico di fotografa ufficiale del Museo nazionale messicano e decise di intraprendere un nuovo progetto. Partì per il reportage sull’istmo della regione del Tehuantepec e sulle donne native, straordinariamente forti e belle. Nel dicembre del 1929 una sua mostra personale venne definita dal muralista David Alfaro Siqueiros come “la prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico“. Fu l’apice della sua carriera di fotografa. All’incirca un anno dopo, fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l’espulsione dal Messico. A parte poche eccezioni, non scattò più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.
Le difficoltà in Germania
Dopo l’esilio dalla sua patria d’adozione con la falsa accusa di aver partecipato all’attentato al presidente Pascual Ortiz Rubio, la Modotti raggiunse Berlino nella primavera del 1930. Qui provò a lavorare ospitata dalla collega Lotte Jacobi. Abituata però alla forte luce solare del Messico, non riuscì ad integrarsi e ad usare la nuova fotocamera Leica. Quest’ultima era molto più maneggevole, ma che non permetteva la pre-visualizzazione dello scatto nel mirino.
Tina Modotti è stata una spia?
Per un certo periodo la Modotti viaggiò in giro per l’Europa per poi stabilirsi, assieme al pittore Pablo O’Higgins. Fu anche a Mosca, in Unione Sovietica, dove pare venne cooptata dalla polizia segreta sovietica per varie missioni di spionaggio in Francia ed alcuni paesi dell’Europa centro-orientale, probabilmente a sostegno della Rivoluzione Mondiale che i sovietici si prospettavano. In via ufficiale, dal dicembre del 1930, operava in qualità d’infermiera volontaria per il Soccorso Rosso Internazionale.
Gli intrighi internazionali e la (sospetta) morte
Dall’ottobre del 1935 si trovava in Spagna. Allo scoppio della guerra civile spagnola, nel luglio del 1936, lei e il suo amante Vittorio Vidali si unirono alle Brigate Internazionali, rimanendo nel paese iberico almeno fino al 1939. Lavorò con il celebre medico canadese Norman Bethune, inventore delle unità mobili per le trasfusioni di sangue, durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del fronte repubblicano e l’instaurazione del regime franchista, la Modotti lasciò la Spagna assieme a Vidali per far ritorno in Messico dietro falso nome. Secondo alcuni storici, i due potrebbero essere stati implicati anche nell’assassinio di Lev Trockij.
Tina Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio del 1942, secondo alcuni in circostanze sospette. Dopo aver avuto la notizia della sua morte, Diego Rivera affermò che fosse stata assassinata, e che Vidali stesso fosse stato l’autore dell’omicidio. Tina poteva “sapere troppo” delle attività di Vidali in Spagna durante la guerra civile. Incluse le voci riguardanti le più di 400 esecuzioni di repubblicani non schierati con Mosca. Ad ogni modo, la versione più probabile attesta che quella notte Tina, dopo una cena con amici dall’architetto svizzero Hannes Meyer, fu vittima d’un arresto cardiaco. Morì nel taxi che la stava riportando a casa. La sua tomba è nel grande Panteón de Dolores a Città del Messico.
Tina Modotti a Bologna – cosa vedrete a Palazzo Pallavicini
Tina Modotti in mostra a Bologna è una Tina felice e libera (felice perché è libera). Lo scrive lei stessa a Edward Weston nell’aprile del 1925. La Modotti era una donna dall’intelletto vivace e dalla sorprendente capacità di introspezione, la cui natura poliedrica appare capace di orientarne le scelte.
Articolato in sei sezioni, il percorso espositivo si propone di mostrare al pubblico le infinite sfaccettature di una fotografa abile nel tralasciare l’estetica per dedicarsi all’etica. Sviluppando così un codice visivo eloquente e personale.
Il dialogo con Edward Weston, Diego Rivera e Frida Kahlo
Il continuo dialogo con il fotografo e mentore Edward Weston, con cui ebbe fitto scambio epistolare ci narra l’ossessione di Tina per la qualità fotografica. Così come la volontà, reiterata in una dichiarazione del 1929, di registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti. Numerose le fotografie biografiche intrise di potenza narrativa, Tra le quali si affacciano i volti di alcune personalità note dell’epoca. Dello stesso Weston, gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo, l’attrice Dolores del Rio, il giornalista rivoluzionario Julio Antonio Mella e il politico Vittorio Vidali. Nell’ottica di un appassionato e sincero attivismo, Tina utilizzò il mezzo fotografico come estensione del proprio occhio. Come uno strumento di indagine e denuncia sociale. Con una coerenza espressiva capace di travalicare l’arte per consegnarla in dono alla vita. Quella vita che, a suo stesso dire, lottava continuamente per predominare l’arte.
Forme cristallizzate
Una vera e propria metamorfosi della vita in arte trova la sua trasposizione fotografica nelle celebri calle e nelle delicate geometrie esposte. Tina tenta di convertire in astrazione per poterle conservare nella memoria, tralasciando gli elementi superflui per giungere, con fervore, al nucleo del sentimento.
Le donne di Tehuantepec
L’intensità della passione guida la mano e l’occhio di Tina. La ritroviamo tra i visi e le mani del popolo messicano protagonisti di un’intera sezione. Testimoni di una volontà di cambiamento e di una necessaria presa di coscienza, che nella sua visione assurgono a icone di possibilità di riscatto sociale.
Vita, arte e rivoluzione. Queste le parole chiave degli scatti che colgono i simboli della lotta di classe, i lavoratori, le donne del popolo, gli assembramenti, i dettagli. Intense le istantanee delle donne di Tehuantepec che, camminano velocemente per natura. Esse raccontano la volontà di Tina di ricercare in una società antica una nuova verità. Così come un senso poetico che divengano per lei inesauribile linfa creativa.
La mostra di Tina Modotti a Bologna espone alcune delle sue foto più celebri. Scattate durante un viaggio solitario nell’Istmo di Tehuantepec intrapreso nel 1929. Subito dopo l’improvvisa morte di Julio Antonio Mella, dirigente del Partito Comunista di Cuba in esilio in Messico e suo compagno. Dietro la fiera bellezza, la documentazione della povertà e del degrado, la disparità fra città e campagna, costituivano un forte messaggio sociale e politico.
Tina Modotti a Bologna – fotografa e modella
A chiudere la mostra di Tina Modotti a Bologna, infine, una selezione di ritratti della fotografa. Tra loro, anche alcuni di quelli da lei definiti immortali e realizzati da Edward Weston. Nell’osservarli, si sente l’eco delle parole di Federico Marin. Egli la descrisse come “una bellezza misteriosa, priva di volgarità, ma non allegra, bensì austera, terribilmente austera. Non malinconica, né tragica”.
Fascino e mistero restano tuttora intatti. Le parole scritte nelle lettere, il peculiare sguardo e l’ardita sperimentazione, collocano Tina Modotti tra i più grandi interpreti della realtà della condizione umana. La natura immersiva dei suoi scatti deriva da un’innata empatia verso i soggetti. La Modotti è una voce capace di narrare a chi guarda l’infinita varietà del mondo e dunque la sua universalità.
📍Tina Modotti
Dal 26 settembre 2024 al 16 febbraio 2025
Palazzo Pallavicini
Indirizzo: Via San Felice 24, 40122, Bologna
Orari: da martedì alla domenica dalle 10:00 alle 20:00
Biglietto: Intero 16 euro
Sito
La mostra di Bologna è un’occasione unica per conoscere Tina Modotti. Un’artista internazionale che con il suo stile verista, seppur ricercato nella composizione, ha rivoluzionato la fotografia contemporanea.
Palazzo Pallavicini ci ha sempre abituato a interessanti esposizioni. Che fossero dedicate ad artisti più celebrati o a figure da riscoprire. O perfino ad aspetti culturali e artistici più “lontani”, come la l’arte e la cultura giapponese.
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