Lo chef vegano Parmeggiani ci insegna come la nostra passione finisce sempre col trovarci

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Kappuccio vola fino a Maiorca per farvi conoscere un lato della cucina che è sulla bocca di tutti: stiamo parlando della cucina vegana, nella quale non troverete nessun ingrediente di origine animale. Abbiamo un’esclusiva intervista con Mario Parmeggiani, rinomato chef vegano la cui parola d’ordine è “sperimentare”.

Con la passione si nasce

Mario parlaci un po’ di te, del tuo percorso per arrivare fino a qui, da cosa è nata questa passione?

In realtà l’ho sempre avuta. Sono vegano da più di 12 anni e prima sono stato vegetariano per altrettanto tempo. La mia scelta è data principalmente dall’amore per gli animali. All’inizio non era semplice come potete immaginare, avevo ben poca scelta, anche nei ristoranti, soprattutto per i piatti vegani, parliamo dell’Italia di circa 30 anni fa! Nonostante ciò, posso dire che nel sud Italia c’è una sorta di tradizione vegana più estesa, più che altro grazie alla varietà di verdure che si trovano e di ricette che si possono realizzare.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

Quindi sei sempre stato in contatto con il mondo della cucina?

Da giovane, iniziai a lavorare nell’agenzia di viaggi di famiglia, ma ben presto mi resi conto che non era la scelta giusta per me. Allora decisi di seguire la mia vocazione per la musica, e feci il tecnico del suono a Bologna, poi mi sono spostato a Berlino. Ma dopo una decina d’anni c’era sempre qualcosa in me che mi diceva che quello non era il posto per me, e che dovevo cambiare. Feci un viaggio ad Istanbul, dove assaggiai per la prima volta la cucina crudista. In quel momento ebbi la mia rivelazione, e capii che era quello il modo in cui volevo mangiare, volevo che la mia cucina fosse così.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

E come hai fatto a sviluppare tutto ciò che sai fare ora?

Ho studiato nella scuola dello chef statunitense Matthew Kenney, a quei tempi in Oklahoma, per due mesi e poi sono tornato altre volte negli Stati Uniti per approfondire i miei studi. Sono stato il secondo italiano a studiarvi e il primo a ottenere la qualificazione più alta in tecniche di cucina crudista. Dopodiché ho fatto di tutto per migliorarmi nella mia arte: ho organizzato corsi, cene a domicilio e ho lavorato in qualche ristorante. Ho continuato lavorando a Berlino, prima nel ristorante vegano “Mano Verde” e in un supermercato vegano, “Veganz”, dove la domenica si organizzavano brunch e io mi occupavo della parte crudista. Grazie a tutta l’esperienza raccolta decisi poi di spostarmi a Ibiza. Lì entrai in contatto con un altro allievo della Accademia di Matthew Kenney che era in procinto di aprire un ristorante vegano, “Wild Beets”, e mi chiamò per fare l’avviamento e insegnare al personale di cucina.

La mia più grande soddisfazione sarebbe far diventare almeno una persona vegana o…

Cosa hai deciso di fare allora, dopo tutti i tuoi viaggi e le tue esperienze? Qual è il tuo nuovo obbiettivo?

Ho capito che l’ambiente del ristorante non faceva per me. Adesso mi dedico sopratutto alle consulenze professionali agli chef e allo sviluppo e creazione di ricette e menu. Mi occupo di coprire il gap che i cuochi impiegherebbero con la ricerca di prodotti vegetali da sostituire con quelli animali che usano abitualmente. Collaborare con ristoranti onnivori mi porta a scoprire sempre novità, ad apprendere e a sperimentare e a ricevere nuovi stimoli esterni. La mia più grande soddisfazione sarebbe far diventare almeno una persona vegana o di fare mangiare almeno una volta a settimana cibo vegano ad un onnivoro.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

La mia è stata una scelta etica ma il mio approccio è curioso e credo che bisogni conquistare le persone col gusto, perché il gusto ti rimane dentro.

Ma come si può riuscire ad abbattere i pregiudizi verso questo modo di cucinare crudista?

Prima di tutto specifico che unisco tecniche di cottura leggere a tecniche di cucina crudista (chiamo la mia cucina anche plant based, ovvero a base vegetale), nella quale non si scalda il cibo oltre i 42 e i 45 gradi, ovvero, quando il cibo comincia a perdere le sue proprietà, sopratutto enzimi e vitamine. Per quel che riguarda i pregiudizi, forse le persone rifiutano questo tipo di cucina perché gli si presentano piatti che sono delle brutte copie delle ricette tradizionali. La tradizione secondo me, è proprio quello che a volte ci frena perché non ci fa vedere il piatto o gli ingredienti sotto una luce differente e, a mio parere, blocca o rallenta la creatività. Negli Stati Uniti per esempio, spesso non hanno problemi ad utilizzare ingredienti o a sviluppare ricette in maniera non canonica e questo amplia la tua visione del mondo, o della cucina, nel nostro caso. Ma differente non vuol dire necessariamente negativo.

La consideri una scelta forzata?

La mia è stata una scelta etica ma il mio approccio è curioso e credo che bisogna conquistare le persone col gusto, perché il gusto ti rimane dentro. Sono comunque convinto che prima o poi le persone cambieranno il loro modo di alimentarsi visto che l’attuale modo non è più sostenibile e, a mio parere, con una scelta vegana potrebbero venire, almeno in parte, ridotte le differenze sempre più grandi tra primo e terzo mondo.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

Possiamo dire che segui una dieta sana? Ti mancano delle vitamine?

Faccio controlli periodici e sono sano come un pesce. Prendo, ma non sempre, vitamina B12, ma niente di più. Cerco sempre di utilizzare prodotti locali e biologici e quanto possibile stagionali per avere il meglio da quello che mangio. Certo, ognuno deve avere una dieta adatta a sé e vegano non vuol dire per forza sano. Si possono mangiare patatine fritte, ed ecco il vostro pasto vegano. Ma per come mi alimento io mi sento bene e mi sazio.

Italiano di origine ma maiorchino di adozione

Però, come mai hai deciso di lasciare l’Italia?

L’Italia non mi offriva molto, non faceva per me. Maiorca si sposa perfettamente con il mio stile di vita. Il mercato è vario, trovo gli ingredienti che mi servono e ho sempre nuovi stimoli. È una perfetta via di mezzo: vicino all’Italia ma al centro dell’Europa, così è più facile viaggiare e spostarsi. Inoltre mi offre la cultura di cui ho bisogno e confesso di preferirla in inverno che in estate. Vivo con mia moglie, la mia musa e la mia critica più feroce, e questo corona il tutto.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

Hai un piatto preferito?

Un piatto preferito è difficile da avere con una cucina sempre in divenire. Ultimamente sto facendo il pane in casa a lenta fermentazione con pasta madre liquida, ma sono sempre alla ricerca del nuovo e dell’originale. Posso svelarvi il mio ingrediente preferito: l’avocado, che per fortuna ora ce l’ho a chilometro zero perché cresce qui sull’isola.

Prima di salutarci: progetti per il futuro?

Per il momento proseguo con la mia vita ma ancora mi piacerebbe una consulenza per creare un menu di pizze plant based, e chissà, magari arriverà anche quell’occasione.

Foto di Mario Parmeggiani per Kappuccio

Questa era la nostra intervista con il simpatico chef Mario. Vi abbiamo fatto capire qualcosa in più sulla cucina “plant based”? Con questo incontro ravvicinato, anche noi abbiamo imparato a sperimentare e vi consigliamo di farlo! Viaggiare e fare nuove esperienze vi apre la mente e vi fa scoprire chi siete e quali sono le vostre passioni che, come ci insegna lo chef, finiscono sempre per trovarci.

 

Vi linkiamo qui il sito dello chef e la sua pagina Facebook!


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Marco Lessi

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